Better Call Saul. La costola di Breaking Bad per ora non è programmato in Italia, qualche riflessione a partire dai primi episodi
Uno spin-off è una storia che prende corpo autonomamente dalla costola di un’altra storia precedentemente scritta. In teatro tutti ricordano il celebre Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard, scritto a partire dai due personaggi secondari dell’Amleto di Shakespeare. Applicate questo ragionamento a una delle opere televisive che ha avuto maggior successo negli ultimi anni, sì parliamo di Breaking Bad, e avrete Better Call Saul. La nuova serie ha debuttato in America l’8 febbraio scorso, ma ancora è sconosciuto il periodo di messa in onda qui da noi.
Ma facciamo un salto indietro: la fiction scritta da Vince Gilligan, che aveva come protagonista Walter White, andò in onda con il primo episodio nel gennaio del 2008 e in breve tempo iniziò a diffondersi come un virus nei televisori di mezzo mondo. Non sono passati poi molti mesi da quando nei social network, anche in Italia, brulicavano post sull’avvincente storia di quel semplice professore di chimica delle scuole superiori, un uomo comune che lentamente si trasformava sotto i nostri occhi in un mostro assetato di denaro e potere. Un plot semplice: il bene, il male, e 5 stagioni per raccontare la moltitudine di gradazioni tra i due opposti, per sviscerare il dubbio, la messa in crisi dell’etica lasciando appeso lo spettatore a un cordone di attenzione e interesse che raramente raggiunge questi livelli. La costola di Breaking Bad, che permette a Vince Ghilligam di mettere in piedi quello che si preannuncia già come un altro successo, è uno dei personaggi più controversi e amati, quel Saul Goodman (Bob Odenkirk attore eccellente e versatile) che imperversava nelle tv di Albuquerque e dintorni con uno spot televisivo kitsch ma convincente: sei nei guai? Farai meglio a chiamare Saul. E il suo più che essere lo studio di un avvocato era una sorta di casa d’accoglienza per la piccola e grande malavita locale. L’incontro con Walter White è magnetico e senza scampo, Saul è l’uomo perfetto per proteggere l’attività illecita del professore di chimica divenuto produttore di anfetamine.
Ma attenzione la nuova serie in onda sul canale statunitense Amc – e solo dopo l’estate probabilmente in Italia, l’approdo più naturale sembra essere quello di Sky Atlantic – sposta la narrazione a qualche anno prima. Saul si chiama ancora Jimmy, è un avvocato che stenta a far decollare la propria attività, lavora per lo più come difensore d’ufficio nel tribunale locale e si trova a difendere assassini, studenti in vena di bravate, casi umani di vario genere. Jimmy, non è di certo un angelo, Ghilligam ce lo fa intuire spostando indietro o in avanti il tempo dell’intreccio, ma senza rendere immediatamente leggibile i passaggi temporali. Non è un caso ad esempio che il primissimo episodio si apra con le immagini di Jimmy/Saul che impasta dolci nel negozio di un grande centro commerciale. lo sguardo di un estraneo lo atterrisce, ma quegli occhi non sono per lui. Le immagini, che in opposizione al tempo futuro, sono in bianco e nero ci raccontano di una vita ordinaria rallegrata solo da un vhs che la sera dopo il lavoro illumina la memoria di Saul con la vecchia pubblicità.
Eppure prima di diventare quel pasticcere con i baffi alla Magnum P.i. il nostro eroe ebbe un percorso di vita non troppo dissimile da quello del White, almeno così sembra da questi primissimi episodi. il centro del discorso per Ghilligam è ancora la fotografia di quell’attimo in cui l’uomo che vive seguendo la retta via pensa, anche solo per un attimo, di risolvere i problemi aprendo la porta a ciò che per la società è illegale. Rispetto a Breaking Bad la miccia che fa esplodere la quotidianità non è però legata a qualcosa di estremamente pianificato, è grazie a un finto incidente automobilistico ideato con due skaters che Jim si troverà nei guai: il fallimento della trappola che avrebbe dovuto portare una ricca famiglia locale a prenderlo come suo avvocato, lo porterà invece verso altre, inaspettate direzioni.
Ma Jim è soprattutto un grande avvocato. Il tribunale è il palcoscenico, i bagni sono i suoi camerini, qui ripassa la parte, prepara l’arringa come un divo al debutto. Nel suo spot a Breaking Bad recitava: «Il mio nome è Saul Goodman. Sapevi di avere dei diritti? Lo dice la nostra costituzione e lo dico anch’io. Finché non si dimostra io credo che ogni uomo, donna o bambino sia innocente! Ed è per questo che intendo lottare per te! Ti conviene chiamare Saul! Chiama il 505 164! Ripeto 505 164! Parliamo spagnolo!»
Andrea Pocosgnich
Pubblicato su Le Cronache del Garantista il 7 marzo 2015